Prendersi cura delle storie: pratiche narrative a servizio del cambiamento

L’organizzazione dell’esperienza, la dinamica del cambiamento e l’accesso a narrazioni liberanti attraverso l’accoglienza di nuovi significati.
L’organizzazione ed interpretazione dell’esperienza

Ce lo diceva Gregory Bateson, antropologo, sociologo e psicologo britannico tra i padri del paradigma sistemico-relazionale: pensiamo in termini di storie.

Con questa espressione, Bateson ci spiegava che, come esseri umani, tutti noi organizziamo la realtà che osserviamo, e alla quale partecipiamo, costruendo narrazioni i cui termini sono organizzati attorno ad una pertinenza, cioè ad un senso, una ragione, una proprietà o un filo conduttore che permette di connetterli, coerentemente, tra loro.

La storia di ognuno di noi è allora un intreccio di sequenze narrative, è la storia delle mie relazioni con le persone che mi circondano, è la storia che io racconto di me, che gli altri raccontano di me, e che io racconto degli altri, in un processo ricorsivo che connota i sistemi umani come sistemi narranti.

Continuando a muovermi in ottica sistemica, poi, posso riconoscere come la mia vita, organizzata, scritta e riletta come una storia, sia connessa ad altre storie.

Tutte le storie con cui io organizzo le mie realtà appartengono ciascuna ad un proprio contesto che ne determina i significati: la mia vita è regolata da attribuzioni di significato, da interpretazioni che costituiscono il vocabolario, la sintassi, le griglie che determinano le mie realtà.

Possiamo allora dire che la narrazione organizza la nostra esperienza, costruisce la nostra identità, è il nostro modo di osservare il passato, riorganizzarlo alla luce del presente, ipotizzare più futuri in un gioco di interpretazione e re-interpretazione della nostra vita.

I significati che attribuiamo ai nostri vissuti sono fondamentali anche per comprendere le risposte (o retroazioni) che si verificano all’interno delle interazioni tra esseri viventi. Tali risposte, infatti, non sono meccanicamente determinate dalle sollecitazioni che riceviamo dall’esterno, ma ciò che determina la risposta ad una data sollecitazione è il significato che attribuiamo a quella sollecitazione in base alle premesse che governano il contesto nel quale collochiamo noi stessi, il nostro interlocutore e lo stimolo da lui proveniente.

Paul Watzlawick, psicologo e filosofo della Scuola di Palo Alto (California, U.S.A.) e tra i più importanti esponenti dell’approccio sistemico, così illustrava questo concetto: se io do un calcio ad un sasso, determino (meccanicamente) il suo ruzzolare sul terreno, cioè il movimento del sasso dipende da me. Ma se io do un calcio a un cane, innesco una risposta che dipende dal cane, non da me. Il cane potrebbe infatti reagire in diversi modi (potrebbe fuggire, ringhiare, attaccare, mordere…), e sceglierà la reazione da agire in base al significato che attribuirà a quel calcio, alla luce del vissuto emotivo che quel gesto gli avrà provocato.

Insomma, il mondo è come viene raccontato, non perché il racconto lo rappresenti in modo corretto o obiettivo, o secondo nessi ineludibili, ma perché la retorica del narratore lo costruisce continuamente, co-operando con altre narrative, e così negoziando l’emersione della realtà.

Retorica e metafore appaiono allora come i veri strumenti di costruzione del mondo.

 

Dalla costruzione della narrazione del problema alla forza bloccante dell’idea perfetta

Così, in presenza di un problema che limita il mio benessere, io organizzo gli elementi che lo costituiscono, gli avvenimenti nei quali esso si manifesta, i soggetti che esso coinvolge ed il relativo contesto di esperienza, collocandoli all’interno di una storia condizionata o, meglio, saturata dal problema stesso, che percepisco – in base alle emozioni che avrà provocato in me – come elemento ingombrante, inevitabile ed ineliminabile.

Nel costruire questa storia, ricorro all’attribuzione di significati tipica dell’organizzazione della mia esperienza, e colloco i diversi elementi del problema in una data classe di appartenenza, secondo le caratteristiche e proprietà che io attribuisco loro in base al mio sistema di premesse, cioè le “lenti” (le idee, le convinzioni, i valori) attraverso cui osservo la realtà.

Pertanto, la storia che io costruisco intorno al mio problema diventa la mappa che utilizzo per leggere ed interpretare quella fetta di mondo dominata dal mio problema.

E, come ci ricorda ancora una volta Gregory Bateson, la mappa non è il territorio.

La ripetizione dell’applicazione di tale mappa, unita all’invariabilità dell’esperienza da me percepita ed al portato emotivo che mi deriva da tale lettura del mondo, condurrà alla formazione di quella gabbia del pensiero (e dell’esistenza) che può essere definita come un’idea perfetta, cioè quella categorizzazione o classificazione di azioni, dinamiche, nessi che considererò ineludibile, tanto da non concedermi la possibilità di evitarne la ripetizione.

 

Il cambiamento come attribuzione di nuovi significati

Avvertirò allora l’esigenza di un cambiamento che mi liberi da quella gabbia, che ripristini la condizione di benessere, realizzazione personale o relazionale, che è stata compromessa dal problema stesso o dalla sua composizione narrativa, dalla quale mi risulta così difficile liberarmi.

Secondo la teoria elaborata e applicata dal Brief Therapy Center di Palo Alto, il vero cambiamento non è soltanto una riorganizzazione di elementi all’interno del sistema nel quale il problema è narrato, ma è un cambiamento di sistema (o tra sistemi): un’uscita da una struttura logica vecchia per entrare – a volte in modo brusco o illogico, o creativo e imprevedibile – in una struttura logica nuova.

Si tratta di un salto logico, che si produce grazie ad un cambiamento delle premesse alla base del sistema che contiene e definisce il problema.

Il vero cambiamento consiste nel sostituire le premesse con nuovi elementi, o attribuire nuovi significati agli elementi già dati, e così trovare una nuova narrazione, un nuovo senso, al quale conseguiranno nuove posture relazionali, nuove dinamiche interattive, un nuovo equilibrio.

 

Le pratiche narrative: esteriorizzazione e storie uniche, per riscrivere la tua storia

Le pratiche narrative che potrai sperimentare nei percorsi di counseling che propongo, ti condurranno a rileggere e riscrivere le tue esperienze, ad attribuirvi un nuovo significato, in modo da costruire nuove storie che ti consentano di introdurre un nuovo senso, soluzioni alternative, speranza, liberazione e autodeterminazione.

Come counselor, mi prenderò cura delle tue storie, in quanto sono proprio quelle storie ad avere bisogno di una nuova narrazione, di una nuova organizzazione, di una ricostruzione, di nuovi significati, che facciano assumere alle tue dinamiche relazionali un senso nuovo, e una direzione generativa di benessere.

Il primo passo per realizzare questa riscrittura sarà avviare un primo processo di esteriorizzazione del problema, che ti consentirà di prendere distanza dalle narrazioni che finora hai fatto del problema stesso. Michael White, psicoterapeuta australiano esponente dell’approccio e della prassi sistemico-relazionale, chiamava queste narrazioni storie dominanti, proprio perché capaci di strutturare (e così di dominare) la vita e le relazioni.

Infatti, White osservava che, quando ci distacchiamo dalle nostre storie dominanti, riusciamo ad individuare aspetti o elementi della nostra esperienza che avevamo in precedenza trascurato, proprio per essere stati inconsapevolmente complici della storia dominante che avevamo utilizzato per dare un senso al nostro vissuto problematico.

Tali elementi, riscoperti nella loro efficacia, finiranno così per ridefinire sia l’influenza che il problema ha su di te e sulle tue relazioni, sia l’influenza che tu hai sulla vita (o sulla forza condizionante) del problema; dimostreranno che, in determinate circostanze ed in un certo numero di occasioni vissute, hai potuto disporre di risorse che hanno limitato, se non escluso, la presenza del problema ed i suoi effetti condizionanti.

Il passo successivo consisterà nell’individuare situazioni uniche, ovvero occasioni, momenti, eventi, nei quali il problema, pur potendolo fare, non ha espresso la propria forza condizionante, o nelle quali tu non hai collaborato con il problema nell’acconsentire la produzione della sua influenza.

Tali situazioni uniche potranno essere collocate nel passato, oppure potranno essere riconosciute come attuali, o ancora potranno essere anche solo immaginate (situazioni uniche future), così da rappresentare una prima strategia di uscitadal dominio del problema.

Così, attorno alle tue situazioni uniche, riconoscendoti capace di arginare il problema, potrai iniziare a costruire una nuova narrazione, alternativa e differente rispetto all’originaria storia dominante e, nel definire i significati e le premesse su cui poggerà tale tua nuova narrazione, acquisirai maggiore consapevolezza del problema, riesaminerai la tua relazione con esso e, attivando la tua responsabilità sull’esistenza e sulla forza condizionante del problema, elaborai una diversa descrizione di tale relazione.

Queste pratiche narrative ti aiuteranno a concentrarti sulla soluzione tentata, senza indugiare sulla causa del problema; ti libereranno da descrizioni della tua vita e delle tue relazioni saturate dal problema, incoraggeranno la creazione e il recupero di storie di vita e di relazione alternative e più gratificanti, e infine ti aiuteranno ad identificare e sviluppare le tue risorse per realizzare la tua strategia di cambiamento.

“L’uomo non ha una natura ma una storia.
La sua vita è qualcosa che deve essere raccontata a mano a mano che si svolge.
Ogni essere umano è l’autore di sé stesso e pur essendo libero di scegliere se essere uno scrittore originale o un plagio, è comunque obbligato a scegliere.
L’uomo è condannato a essere libero.”

Jose' Ortega y Gasset

Bibliografia:

Bateson G., Mente e natura, Adelphi Edizioni, Milano, 1984

Cecchin G., Apolloni T., Idee perfette. Hybris delle prigioni della mente, Franco Angeli, Milano, 2003

Watzlawick P., Weakland J. H., Fisch R., Change. Sulla formazione e soluzione dei problemi, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1974

White M., La terapia come narrazione. Proposte cliniche, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1992

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